IL MITO DI PLUTONE

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    I MITI DI PLUTONE IN MESOPOTAMIA

    Presso i Sumeri, e poi presso gli Accadi, Plutone non esisteva. Pertanto, quando verso il VII secolo a. C. circa, fa la sua comparsa il concetto caldeo e babilonese del viaggio dell'anima - vale a dire del percorso fatto dall'anima attraverso le 7 sfere, subito prima di incarnarsi sulla Terra e subito dopo la morte fisica ma nel senso inverso - ci si riferisce unicamente ai 7 astri dei primordiali. Da nessuna parte si parla di astri o di caratteristiche astrologiche che ci mettano già sulla strada di quelli che diverranno Urano, Nettuno e Plutone nello spirito degli astrologi moderni.
    Tuttavia, non solo in Mesopotamia, ma anche in tutte le Cosmogonie del mondo si ritrova sia il principio di un grande Caos primordiale da cui ogni esistenza fisica scaturisce e dove fatalmente ritorna dopo la morte, sia quello del ciclo dalla vita alla morte,
    durante il quale le anime si riuniscono in un luogo che sembra essere divino e maledetto, allo stesso tempo. A partire da queste credenze è nato il mito di Plutone e sono state definite le caratteristiche di questo astro che è in relazione tanto con la morte quanto con la vita, secondo un principio di costante rigenerazione. Questo è quanto si percepisce facilmente quando si considera questo astro sotto l'angolazione dell'astrologia ebraica e del suo rapporto con la lettera-Numero mem.
    Ai giorni nostri, la vita e la morte sono talmente dissociate, e perfino contrapposte, che non riusciamo a pensare che la morte non sia la fine di tutto, il termine, cioè, di quello che abbiamo conosciuto durante la nostra esistenza.
    Se tuttavia i nostri avi, erano come noi angosciati, a volte perfino ossessionati dalla morte, essi non l'avevano però separata dalla vita. E il gran principio di rigenerazione che sovente si verifica nella morte o che ne è il frutto - e senza il quale la vita, in natura, non potrebbe trasmettersi, proseguire, durare - faceva parte integrante delle loro credenze. È ad esempio ciò che appare chiaramente in un poema sumero che ci racconta di come Ishtar-In-anna rischia volontariamente di discendere agli Inferi, situati nel mondo dell'In-basso, il cui dio incontestato è Enki-Ea. Essa viene ricevuta da Ereshkigal, la regina babilonese degli Inferi che la spoglia di ogni talismano e di ogni potere, affinché dimori là, eternamente morta. Ma grazie all'intervento di Enki-Ea, ella tornerà in vita e uscirà trionfante, rigenerata dal mondo dei Morti. Poi, durante tutta la sua esistenza, sarà condannata a vivere sei mesi sulla Terra e sei mesi agli Inferi. 'Naturalmente, i mitografi greci si sono ispirati a questo poema - di cui erano a conoscenza, ma le cui tracce furono scoperte dal mondo contemporaneo solo all'inizio del XX secolo - quando hanno elaborato il mito di Persefone, un altro aspetto di Venere che si sposa bene con le caratteristiche del segno della Bilancia.
    D'altra parte, è interessante notare che, secondo questo poema sumero, se il dio del mondo dell'In-basso è Enki-Ea, dio delle ''Acqua fertilizzanti" che rendono feconda la terra, gli Inferi, sui quali pure egli regna, sono custoditi da una donna, Ere-shkigal, il cui marito non è altri che Nergal, cioè Marte. Ritroviamo qui il rapporto dàleth-Marte e mem-Plutone dell'astrologia ebraica.


    I MITI DI PLUTONE IN EGITTO

    Il dio dei Morti, il dio che muore, ma la cui anima può vivere in eterno dopo aver attraversato e superato numerose prove seguendo il percorso che lega il mondo dei viventi a quello della vita eterna, era naturalmente Osiride, il fratello-sposo di Iside. Sotto diversi aspetti, questo dio assomiglia all'Enki-Ea mesopotamico, poiché anche lui è una divinità civilizzatrice, un dio della vegetazione, che sappiamo nascere, monre e rinascere ogni anno. Accanto a Osiride, si ritrova spesso Anubi, il dio delle Necropoli, il guardiano della dimora o del paese dei Morti, l'inventore della mummificazione, che viene spesso rappresentato in diversi modi. Egli, infatti può apparire sotto l'aspetto di un cane o di uno sciacallo accucciato, o ancora di un uomo con una testa di cane, dal muso quadrato e dalle lunghe orecchie diritte.


    I MITI DI PLUTONE IN GRECIA

    A proposito di Anubi, come non pensare a Cerbero, il "cane dell'Ade", il guardiano della soglia dell'impero dei Morti, che ne vietava l'ingresso ai vivi e il cui nome significa "demone dell'abisso"? Secondo le leggende che vi si ricollegano, Cerbero aveva l'aspetto di un vero e proprio mostro. Era dotato, infatti, di 3 teste di cane, di coda di drago mentre la sua schiena era ricoperta da una moltitudine di teste di serpente. Secondo i Greci, invece, era Ade, cioè "l'Invisibile" che regnava sul reame dei Morti. Egli era il figlio di Crono e di Rea e dunque fratello di Zeus-Giove e di Poseidone-Nettuno, tra gli altri.
    Dopo che Zeus assassinò il loro padre Crono, furono questi tre dei che si divisero il mondo: il cielo era il regno di Zeus, il Mare quello di Poseidone e gli Inferi o il mondo sotterraneo quello di Ade. Come Ereshkigal, la sovrana degli Inferi dei sumeri, Ade era un dio spietato. Vegliava, infatti, affinché nessuno potesse mai lasciare il regno degli Inferi, una volta che vi fosse entrato.
    Per far questo era assistito da numerosi demoni o geni malefici. Uno di essi, Caronte, era considerato il traghettatore delle anime defunte. Egli, infatti, una volta che tutte le anime erano salite nella sua barca, le conduceva nel regno dei Morti, dal quale è impossibile tornare, tramite il fiume che lo collega al paese dei vivi. Caronte, che qualche secolo più tardi, sarebbe divenuto il "demone dei morti" degli Etruschi, era rappresentato sotto forma di demone alato dallo sguardo terrificante e funereo. Per compiere la loro traversata dal mondo dei vivi al regno dei Morti, le anime dovevano pagare un obolo al demone. Infatti, nell'antica Grecia, si usava mettere una moneta in bocca ai defunti poco prima di seppellirli, affinché essi potessero pagare il pedaggio ed essere così trasportati nell'altro mondo.


    Fonte: Scoprire e Conoscere l'Astrologia - De Agostini
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    IL MITO DI PLUTONE



    Nel Mito Greco Ade era il Signore del Regno sotterraneo, colui che veniva chiamato anche "l'Invisibile", poiché quando lasciava il suo Regno egli indossava un elmo che lo rendeva invisibile. Nel mito romano viene chiamato Plutone, che significa ricchezza.
    Ade-Plutone, infatti, è un grande portatore di ricchezza, di fertilità e di rinnovamento, però il suo mondo non è facile da comprendere, e le sue ricchezze non così semplici da trovare.
    Nel suo significato simbolico Plutone è in relazione all'inconscio; è sicuramente il nucleo centrale del Sé interiore, quella parte di noi che è a conoscenza di ciò che dobbiamo diventare e che è ben decisa a fare, prendere la giusta traiettoria, non importa se il prezzo da pagare a volte è altissimo.
    Così Plutone è dotato di un'energia infinita, misteriosa e plasmante, ma spesso subdola, indiretta e apparentemente distruttiva.
    Nel Mito era lui che giudicava le azioni degli uomini ed era implacabile, nulla poteva essere dimenticato e quindi la sua legge appariva terrificante.
    Plutone ha il suo regno proprio laddove gli uomini non vorrebbero mai penetrare, in quel
    mondo che solo gli "eroi" possono transitare pensando di potervi poi far ritorno; simbolicamente rappresenta la pericolosità dell'inconscio qualora la persona vi affondi senza una buona struttura.
    Nel Mito la storia di Ade è legata al ratto di Persefone, la creatura innocente e del tutto ignara che viene portata nel suo Regno per diventare sua sposa, contro la sua volontà. Questa storia appare crudele, eppure il suo significato sta proprio nella grande trasformazione che la ragazza ottiene attraverso l'incontro, pur non voluto, con il Dio.
    Ella infatti, diventerà regina, siederà sul trono e diventerà il tramite tra il mondo esterno e il Regno sotterraneo. Sarà lei a scortare coloro che scenderanno e che, attraverso il superamento delle prove iniziatiche, potranno risalire da "eroi".
    Il grande messaggio di Plutone diventa chiaro: nessuno potrà raggiungere se stesso se non avrà affrontato, attraverso prove e sofferenze, il suo mondo interiore. La crisi che inevitabilmente questo pianeta porta, servirà per affrontare quella parte di noi che meno ci è gradita e che, forse, mai vorremmo conoscere.
    Ade l'Invisibile ci insegna che niente può essere trasformato se prima non vi è un percorso di grande accettazione. Noi vorremmo vivere tutta la vita in uno stato adolescenziale, cullandoci nella sensazione di essere solo buoni e meravigliosi proprio come faceva Persefone ed è proprio Ade che prorompendo con violenza inaudita ci obbliga a scendere dove meno desidereremmo esser portati.
    Questo è il grande messaggio che ci dà Plutone: nulla può rimanere com'è: tutto deve essere trasformato, però perché ciò avvenga, occorre essere in grado di superare il percorso che ogni cambiamento porta con sé.
    Del resto la natura ce lo insegna: il seme che ci regalerà la nuova pianta, viene impiantato proprio laddove un'altra ha finito il suo ciclo vitale, e questo seme dovrà prima marcire per poter dare il suo frutto.



    Tratto dalla rivista Sirio n.151 novembre 1995

    Edited by °Mirana° - 1/2/2013, 01:31
     
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