| «Bene straniero, la mia grazia costa quanto il mio prestigio.» sentenziò la strega che appannata dalle riverenze dell’ossequioso ospite non sospettò che nella sua tana fosse caduto il topo giusto, l’acerrimo nemico, colui cui era stata affidata la missione di proteggere il regno e riportare la pace. Sarebbe bastato un piccolo cenno e il suo esercito di morti si sarebbe risvegliato per lei, avrebbe ucciso quell’uomo ancora acerbo del suo compito e il fato sarebbe stato dalla sua parte. Ma il destino beffa anche i malvagi e la strega accecata dalla bramosia pensò invece di accaparrarsi l’ennesimo viandante per il suo esercito: «So che posso far affidamento sul tuo buon onore Cavaliere, lo si vede dalle medaglie che porti, e so che chiederò cosa da nulla se ti dicessi che il tuo compito per ingraziarmi è condurre una pietra per me preziosa alle porte della città, dal sovrano in persona.» Alla parola “pietra” Arialdo trasalì, sapeva bene quello che gli stava chiedendo Tarin, tentava di condurlo in tranello proprio come era capitato all'elfa del bosco, vittima del ciottolo stregato; cercò quindi di dissimulare la sua intuizione e rimase zitto a riordinare quel pensiero. Per sua fortuna non possedeva un’espressione scaltra e la strega continuò indisturbata il discorso, scandendo e anche rallentando il ritmo delle parole per essere sicura che il suo interlocutore capisse: «Più che un favore è un dono che io ti porgo, in segno di fiducia,» Tarin alzò imponente il braccio sinistro e un sasso si levò lentamente da terra fino alla sua altezza riempiendosi di luce. La strega si inorgoglì ma la controparte manteneva la stessa espressione beota di chi non capisce la portata dell'evento, e lei quasi infastidita proseguì con ancor più solennità «appena avrai in mano questa pietra sentirai la vibrazione potente del vento, la foga del fuoco, la resistenza della terra e l’impetuosità dell’acqua, il tuo cuore batterà più forte e il tuo animo sarà più potente, i tuoi veri desideri prenderanno forma: diventerai il più poderoso dei combattenti, dalla forza sovrumana, e sarà sempre più difficile batterti. Ma devi rispettare il patto e portare la pietra come mio personale messaggio al regno, nelle mani del Re.» Il piano della strega di creare trambusto inviando mine vaganti qua e là era a questo punto palese ad Arialdo, che grazie al teatrino aveva avuto il tempo di ragionare sui fatti e mise perciò in atto un gesto di furbizia che poco si addiceva al suo animo impulsivo e orgoglioso: accettò. Sapeva bene che non poteva battere una strega così potente da solo e riconobbe subito che il non essere stato riconosciuto poteva andare a suo vantaggio e dargli il tempo per capire come distruggere Tarin e il suo esercito inanimato. Il principe si avvicinò alla padrona di casa riappropriandosi di un po’ del coraggio che era solito vestire, la guardò negli occhi e riepilogando il gesto della strega con la mano opposta afferrò la pietra - «Sarà fatto, mia Signora.» «Bene» punzecchiò Tarin compiaciuta che la preda avesse abboccato «ricorda che io so sempre dove sono le mie pietre nel bosco.»
Arialdo capì che doveva sbrigarsi, sapeva che la malvagità della pietra avrebbe stillato la parte più oscura della sua anima. Balzò a cavallo e lo speronò allontanandosi veloce da quel lugubre luogo, un po’ per paura di essere ancora riconosciuto, un po’ per la fretta di non rendere vana quell’arguzia e uscire dal bosco al più presto. Al galoppo la magia della pietra iniziò a insinuarsi: il pelo dell’animale si indurì fino a diventare ferro e gli occhi, la criniera e la coda esplosero fiammeggianti di fuoco mentre la velocità del galoppo raggiungeva picchi mai visti; Arialdo sentì la barba crescere e un nuovo elmo avvolgergli il volto, alle braccia e alle gambe si avvilupparono protezioni in metallo e l’azzurro dei suoi occhi lasciò il posto ad un nero pece iniettato di sangue ma a sconcertarlo veramente fu ciò che accadde nella sua testa: desideri reconditi stavano riecheggiando ossessivi, e da una zona profonda e inesplorata partiva un vagito: voleva la gloria, voleva il sangue.
Il principe stava resistendo come poteva al potere della pietra, tutto sommato la strega non aveva indovinato il suo desiderio più grande: trovare la ragazza del suo sogno, l’amore vero. Si aggrappò forte a quel pensiero e in quel momento vide un fiore a terra a forma di stella, ricordando il consiglio della Fata fece per coglierlo nel mezzo della corsa ma pescò un piccolo fusto a tre rami, capì che non era casuale e ci incastonò la pietra. Era più facile controllarla se non era a contatto con il corpo. Ma quel sortilegio era così potente che il dubbio in lui era già instillato: davvero l’amore sarebbe stato più forte di quei desideri? Stava ancora salvando il regno o adesso era lui che doveva essere salvato? Alzò gli occhi al cielo, era di nuovo buio. Una stella sfavillò. Stava facendo la cosa giusta.
(Sorry for my Giove in III, giuro che ho sfoltito l'originale 🙏 ahaha)
Edited by Seasmoon - 10/12/2020, 22:31 |
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